“Le ultime botteghe sotto i portici
stavano ormai chiudendo i loro battenti, a conclusione di una giornata non eccessivamente
afosa, sovente inebriata da una brezza che il lago spingeva generosamente verso
la riva. Gli ultimi turisti della stagione si attardavano a chiacchierare e
sorseggiare vino rosso sotto il pergolato che si affacciava sulla piazzetta del
paese; ascoltavano i racconti a metà tra il reale ed il fantastico di Orfeo, un
vecchio che, a sentir lui, aveva passato la propria vita a fare il pescatore, a
sentire invece il paese aveva fatto il contrabbandiere tra Italia e Francia fin
dal dopoguerra. Anche quello era un paese come ce n’erano tanti sparsi qua e là
per l’Italia. Se qualcuno avesse voluto sapere qualcosa su uno dei suoi
abitanti, non avrebbe dovuto chiedere all’interessato, ma gli sarebbe stato
sufficiente trascorrere una mezz’oretta all’osteria della piazza la domenica
mattina, subito dopo la messa delle dieci, e fare qualche chiacchiera con le
persone appena uscite dalla chiesa”.
Alessio Baù, La signora del lago, in Il
canto della cicala
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