“Io
ero, quell’inverno, in preda ad astratti furori. Non dirò quali, non di questo
mi son messo a raccontare. Ma bisogna dica ch’erano astratti, non eroici, non
vivi; furori, in qualche modo, per il genere umano perduto. Da molto tempo
questo, ed ero col capo chino. Vedevo manifesti di giornali squillanti e chinavo
il capo; vedevo amici, per un’ora, due ore, e stavo con loro senza dire una
parola, chinavo il capo; e avevo una ragazza o moglie che mi aspettava ma neanche
con lei dicevo una parola, anche con lei chinavo il capo. Pioveva intanto e
passavano i giorni, i mesi, e io avevo le scarpe rotte, l’acqua che mi entrava
nelle scarpe, e non vi era più altro che questo: pioggia, massacri sui
manifesti dei giornali, e acqua nelle mie scarpe rotte, muti amici, la vita in
me come un sordo sogno, e non speranza, quiete”.
Elio
Vittorini, Conversazione in Sicilia
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