“All’epoca
della dominazione spagnola, e per molti anni dopo, la città di Sulaco – della cui
antichità sono testimoni i lussureggianti aranceti – non ebbe più importanza
commerciale d’un qualsiasi porto di cabotaggio, con un discreto traffico locale
di indaco e pelli bovine. I pesanti galeoni dei conquistatori che, avendo
bisogno d’un vento gagliardo soltanto per muoversi, sarebbero rimasti fermi –
là dove una moderna nave di linea salpa al primo fremito delle vele – si erano
visti Sulaco vietata dalle calme prevalenti nel suo vasto golfo. Alcuni porti,
su questa terra, sono resi di difficile accesso dall’insidia di scogli sommersi
e dalle tempeste che infuriano lungo le coste. Sulaco invece aveva trovato
inviolabile rifugio contro le tentazioni di un mondo mercantile nelle solenni
bonacce del profondo Golfo Placido, come entro un enorme tempio semicircolare
scoperto, aperto sull’oceano, con le sue mura di alte montagne drappeggiate,
come a lutto, dalle nubi”.
Joseph
Conrad, Nostromo
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