Marco correva veloce, l’aria gli
spazzava quel suo viso da bambino e si insinuava leggera tra i capelli,
serpeggiando rapida e fuggevole. La strada, nel suo ultimo tratto, era in
leggera discesa e, per questo, arrivò all’ingresso della pineta senza quasi
bisogno di pedalare. Arrestò la sua corsa e uno stridore acido e prolungato
proveniente dal freno posteriore della sua bicicletta infranse la calma
addormentata che regnava in quel verde angolo di costa. Appena Marco si fu
completamente fermato e scese dalla bicicletta, improvvisamente il silenzio e
la placida tranquillità che erano appena stati violati ripresero il
sopravvento, impadronendosi nuovamente del territorio che l’uomo aveva
incoscientemente disturbato e derubato. Marco appoggiò la propria bicicletta
alla recinzione posticcia che delimitava il cortile di una vecchia casa
abbandonata ormai da anni; era probabilmente una di quelle case che i pescatori
usavano nel periodo invernale, quando non dimoravano nelle baracche del
porticciolo perché le uscite in mare si facevano più rade a causa del maltempo.
Alessio Baù, Il pescatore, in Racconti
notturni
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