martedì 18 ottobre 2016

Il campanello gracchiante



Franco quella mattina si svegliò di soprassalto alla terza scampanellata del suo gracchiante campanello. Prima o poi avrebbe dovuto sostituirlo, non poteva rischiare l’infarto ogni volta che qualcuno avesse suonato alla porta di casa sua. Si alzò dal letto e percorse a rilento tutto il corridoio, bofonchiando parole incomprensibili e chiedendosi chi potesse cercarlo a quell’ora del mattino. - Chi è? Chi è? – Chiese con voce impastata. Dall’altra parte del citofono non rispose nessuno. Evidentemente la persona che aveva suonato per ben tre volte senza ricevere risposta alcuna si era stancata di attendere e se n’era andata. Franco tornò in camera sgambettando come se stesse salendo dei gradini invisibili, sedette sul bordo del suo letto mezzo disfatto e fissò in silenzio per un minuto abbondante la parete che si ergeva silenziosa innanzi a lui. Quella parete era spoglia di quadri, mobili o altro; quindi ciò che stava fissando con apparente interesse altro non era che il colore bianco antimuffa, che con ben poca maestria e bravura aveva spennellato un po’ qua e un po’ la per i muri di casa l’estate precedente.
Alessio Baù, L’aria, in Il canto della cicala

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