“Un
treno gli veniva incontro, si udiva il fischio, quindi apparve il muso della
locomotiva che vomitava faville e lo sbuffo di fumo. Egli si inoltrò per un
viottolo e raggiunse la strada maestra. Il treno passava alla sue spalle, e
sulla strada avanzava un barroccio carico di fieno: il frastuono del treno, la
presenza del barrocciaio come appollaiata sulle stanghe, gli ridestarono il
senso del pericolo: riprese a correre fin dove cominciavano altre case. Forse
era Pontassieve: c’era scritto, sulla prima di quelle case, come a Contea, come
a Rincine. Allora capì che non saper leggere era una grande disgrazia, come
portarsi addosso una malattia: lui vedeva i segni neri sulla parete calcinata,
ma gli occhi non gli servivano, era come fosse cieco”.
Vasco
Pratolini, Metello
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