“Forse realmente ignorava la
leggenda. Un po’ Antonio lo compativa, perché quell’uomo vestito di un abito
grigio scuro ed un cappotto pesante abbottonato fino al collo, con il bavero
rialzato e lo sguardo stanco ed infreddolito, ignorava di trovarsi al cospetto
di una notte lunga come l’agonia e crudele come la morte di una persona cara. Lo
straniero non poteva capire tutto ciò; non poteva immaginare il sangue che
quella notte avrebbe corrotto il selciato umido e sporco di quella città, che
per una notte intera avrebbe fatto da spettatore impotente e rassegnato ad una
tragedia annunciata ma inevitabile. Antonio uscì da dietro il proprio tavolo di
lavoro, passò di fianco allo straniero e gli fece cenno di seguirlo. Uscirono
dalla bottega, Antonio davanti e subito dietro il forestiero, che continuava a
non capire il motivo di tutto quel mistero e guardava torvo l’orologiaio. I due
uomini giunsero fin quasi al centro della piazza. Tutt’intorno non si scorgeva
alcunché, se non una spessa cortina di nebbia biancastra, così fitta che a
tratti sembrava assumere consistenza, prendere quasi forma e vivere di una vita
effimera, spezzata non appena la forma fosse cambiata e si fosse tramutata in
qualcos’altro”.
Alessio Baù, La statua,
in Racconti notturni