"Il cielo era
grigio, umido il vento. Il porto e le isole erano rimasti indietro e presto la
terra svanì dal nebbioso campo visivo. Fiocchi di polvere di carbone, gonfiati
dall'umidità, scendevano sul ponte lavato che non voleva asciugare. Dopo un'ora
appena fu teso un tendone perché incominciava a piovere.
Imbacuccato
nel soprabito, con un libro in grembo, il viaggiatore riposava, e le ore
trascorsero inavvertite. La pioggia era cessata; il tetto di tela fu rimosso.
L'orizzonte era tutto scoperto. Sotto la cupola nuvolosa del cielo si stendeva
all'intorno la sterminata superficie del mare deserto. Ma nello spazio vuoto,
disarticolato, manca ai nostri sensi anche la misura del tempo e noi sonnecchiamo
nell'immensità. Strane figure spettrali, il vecchio bellimbusto, il
bigliettinaio dalla barba caprina, passavano con gesti trasognati, con parole
vaghe attraverso la mente del passeggero, ed egli s'addormentò".
Thomas Mann, La
morte a Venezia
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