“Non
sapevo ancora come si chiamavano i laghi e i monti e i ruscelli della mia
terra, ma vedevo l’ampia distesa liscia delle acque verdeazzurre costellata di
lumicini, e intorno, in fitta corona nella luce del sole, i monti scoscesi, con
le tacche di neve scintillante fra le crepe più alte e le minuscole cascatelle
e ai loro piedi i luminosi prati in declivio, coperti di frutteti, di capanne e
di grigie mucche alpine. Poiché la mia povera, piccola anima in attesa era
vuota e muta, gli spiriti del lago e dei monti vi scrivevano le loro belle
gesta ardite. Le pareti e i dirupi scabri parlavano caparbi e reverenti dei
tempi di cui son figli e dei quali portano le stimmate. Parlavano dei giorni in
cui la terra si fendette e s’incurvò e dal suo corpo tormentato emersero tra i
gemiti e la sofferenza della nascita vette e crinali. Rupi si spinsero verso l’alto
urlanti e scricchiolanti e alfine si spezzarono nell’impeto cieco, monti gemini
lottarono nella disperata ricerca di spazio, finché l’uno vinse e salì e
respinse il fratello, frastornandolo”.
Hermann
Hesse, Peter Camenzind
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