“Pei
dirupi, ogni grotta, le capannuccie nascoste nel folto dei fichidindia, erano
popolate di povera gente scappata dal paese per paura del colera. Tutt’intorno
udivasi cantare i galli e strillare dei bambini; vedevansi dei cenci sciorinati
al sole, e delle sottili colonne di fumo che salivano qua e là, attraverso gli
alberi. Verso l’avemaria tornavano gli armenti negli ovili addossati al casamento,
branchi interi di puledri e di buoi che si raccoglievano nei cortili immensi.
Tutta la notte poi era un calpestio irrequieto, un destarsi improvviso di
muggiti e di belati, uno scrollare di campanacci, un sito di stalla e di
salvatico che non faceva chiudere occhi ad Isabella”.
Giovanni
Verga, Mastro Don Gesualdo
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