“Le vie della città erano ormai
quasi deserte di automobili e di passanti; solo qualche turista si attardava
lungo i selciati del centro storico. Non era troppo tardi, ma un po’ la pioggia
che aveva appena smesso di tormentare tetti, strade e marciapiedi e un po’ la
pigrizia di una serata di metà settimana lavorativa avevano scoraggiato i più
ad uscire di casa. L’Arno era vistosamente ingrossato negli ultimi giorni; non
aveva ancora raggiunto livelli di piena pericolosi, i cosiddetti livelli di guardia,
però si faceva sentire rumoroso e altezzoso racchiuso nei suoi alti e forti
argini, quasi a voler far sapere a tutti i fiorentini che lui era lì, c’era e
nessuno avrebbe dovuto dimenticarsi di lui. Una timida frescura aveva
abbracciato l’intero centro storico di Firenze, mentre una fastidiosa e
piuttosto frizzantina brezza accarezzava scuotendoli i lampioni che
rischiaravano il Lungarno Corsini”.
Alessio Baù, Diogene, in Il canto della
cicala
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