giovedì 29 dicembre 2016

Uno strano viaggiatore



“Quell’uomo era apparso all’addetto alla reception un po’ strano, non tanto per il suo modo di vestire o per il suo atteggiamento, perché, tutto sommato, non aveva nulla di diverso da un normale viaggiatore. Piuttosto, era stato il suo sguardo assente e spento a smuovere nel giovane galoppino un po’ di perplessità ed a far ingenerare un po’ di diffidenza nei suoi confronti. E poi le risposte vaghe ed evasive, per certi aspetti pure misteriose, che aveva dato al ragazzo dei bagagli mentre questi lo accompagnava alla camera numero dodici. Aveva chiesto una stanza singola, con le finestre che si affacciassero sulla strada. Ne aveva bisogno solo per una notte, l’indomani mattina sarebbe partito prima delle otto. Il viaggiatore aveva dato precise istruzioni al cocchiere perché questi si facesse trovare pronto davanti alla locanda il giorno successivo alle sette e mezzo e diede disposizioni per essere svegliato alle sette in punto”.
Alessio Baù, Il viaggiatore, in Racconti notturni
 

martedì 20 dicembre 2016

Legnate che piovevano



“Tutt'a un tratto, mentre San Rocco se ne andava tranquillamente per la sua strada, sotto il baldacchino, coi cani al guinzaglio, un gran numero di ceri accesi tutt'intorno, e la banda, la processione, la calca dei devoti, accadde una parapiglia, un fuggi fuggi, un casa del diavolo: preti che scappavano colle sottane per aria, trombe e clarinetti sulla faccia, donne che strillavano, il sangue a rigagnoli, e le legnate che piovevano come pere fradice fin sotto il naso di San Rocco benedetto. Accorsero il pretore, il sindaco, i carabinieri; le ossa rotte furono portate all'ospedale, i più riottosi andarono a dormire in prigione, il santo tornò in chiesa di corsa più che a passo di processione, e la festa finì come le commedie di Pulcinella. Tutto ciò per l'invidia di quei del quartiere di San Pasquale, perché quell'anno i devoti di San Rocco avevano speso gli occhi della testa per far le cose in grande”.
Giovanni Verga, Guerra di santi

mercoledì 7 dicembre 2016

La marea si era alzata



“L'estuario del Tamigi si apriva davanti a noi, simile all'imbocco di un interminabile viale. Al largo, il cielo e il mare si univano confondendosi e, nello spazio luminoso, le vele color ruggine delle chiatte che risalivano il fiume lasciandosi trasportare dalla marea, sembravano ferme in rossi sciami di tela tesa tra il luccichio di aste verniciate. Una bruma riposava sulle sponde basse, le cui sagome fuggenti si perdevano nel mare. L'aria era cupa sopra Gravesend, e più indietro ancora sembrava addensarsi in una desolata oscurità che incombeva immobile sulla più grande, e la più illustre, città del mondo. Il Direttore delle Compagnie era il nostro capitano e il nostro ospite. Noi quattro l'osservavamo con affetto mentre, a prua, volgendoci le spalle, guardava verso il mare. Su tutta la distesa del fiume, nulla aveva l'aria più navigata di lui. Si sarebbe detto un pilota, che per un marinaio è come dire la fiducia in persona”.
Joseph Conrad, Cuore di tenebra

mercoledì 30 novembre 2016

Un'abitazione parigina



“Questa casa ricoperta d'ardesia si trovava tra un viottolo e una stradina che portava al fiume. Aveva all'interno dei dislivelli che facevano inciampare. Una anticamera stretta separava la cucina dalla sala dove la signora Aubain se ne stava tutto il giorno, seduta accanto alla vetrata in una poltrona di paglia. Contro il muro bianco si allineavano otto sedie di mogano. Sotto un barometro, un vecchio pianoforte reggeva una piramide di scatole e cartelle. Due bergères ricamate a piccolo punto erano poste ai lati del caminetto di marmo giallo in stile Luigi Quindicesimo. La pendola nel mezzo rappresentava un tempio di Vesta, e tutto l'appartamento sapeva un po' di muffa perché il pavimento era più in basso del giardino”.
Gustave Flaubert, Un cuore semplice

martedì 29 novembre 2016

In mezzo a un fitto bosco



“In mezzo a un fitto bosco, un castello dava rifugio a quanti la notte aveva sorpreso in viaggio: cavalieri e dame, cortei reali e semplici viandanti. Passai per un ponte levatoio sconnesso, smontai di sella in una corte buia, stallieri silenziosi presero in consegna il mio cavallo. Ero senza fiato; le gambe mi reggevano appena: da quando ero entrato nel bosco tali erano state le prove che mi erano occorse, gli incontri, le apparizioni, i duelli, che non riuscivo a ridare un ordine né ai movimenti né ai pensieri. Salii una scalinata; mi trovai in una sala alta e spaziosa: molte persone - certamente anch'essi ospiti di passaggio, che m'avevano preceduto per le vie della foresta - sedevano a cena attorno a un desco illuminato da candelieri. Provai, al guardarmi intorno, una sensazione strana, o meglio: erano due sensazioni distinte, che si confondevano nella mia mente un po' fluttuante per la stanchezza e turbata”.
Italo Calvino, Il castello